Bibliografia

  1. Pasqualini ME, Rossi F, Dal Carlo L et al. L’Estetica, impianti monofasici, scuola italiana, saldatrice endorale, protesi su impianti. Doctor OS, aprile 2021; XXXII (04): 9-15.
  2. Pasqualini U. Le Patologie Occlusali. Eziopatogenesi e terapia. Milano: Masson; 1993. p.60-200.
  3. Dal Carlo L. Study Over 7000 Endosseous Implants Inserted during 25 Years in 3300 Interventions. Clinical Results in Different Anatomical and Func- tional Situations. Statistical Data and Over 20 Year Iconographic Documentation. Journal of Dental and Oral Health 2016 Oct, Vol2, Issue 6, (1-10).

Dettaglio autori

Samdar Sami Abdulkareem
Libero professionista a Erbil (Kurdistan, Iraq)

Riabilitazione full-arch con impianti post-estrattivi monofasici a carico immediato

CASO CLINICO - NSI DENTAL ACADEMY

Samdar Sami Abdulkareem

SCOPO DEL LAVORO

In questo caso si è voluto evidenziare l'esigenza e i numerosi vantaggi nell'effettuare una riabilitazione completa dell'aracata superiore in siti edentuli e post-estrattivi, sfruttando le peculiarità uniche degli impianti monofasici, particolarmente indicati per il carico immediato.

Nelle riabilitazioni di pazienti parzialmente e totalmente edentuli, l’utilizzo di impianti monofasici è oggi sempre più indicato, vista la loro semplicità d’uso ed efficacia. Questi impianti permettono infatti un facile ottenimento della stabilità primaria ideale per il carico immediato in modo atraumatico e mininvasivo. L’obbiettivo è ottenere la massima stabilizzazione dell’impianto anche tramite il bicorticalismo, evitando pratiche chirurgiche invasive e dolorose per il paziente. Questo obiettivo viene e deve essere raggiunto semplicemente con l’utilizzo di una sola fresa, peculiarità peraltro unica degli impianti “basali” e “compressive”.
Gli impianti monofasici di varia forma, diametro e dimensione hanno caratteristiche tali che permettono il raggiungimento della stabilità primaria anche nella midollare, grazie appunto alla loro particolare autofilettatura che determina una importante autocondensazione della spongiosa, compattandola e simultaneamente tagliandola senza ischemizzarla.

Questa azione intrinseca delle spire del monofasico permette quindi di creare e mantenere una irrorazione sanguigna interna del sito sia durante l’attraversamento della spongiosa, sia che si tratti di incidere e filettare corticali laterali durante il raggiungimento del bicorticalismo.
Grazie a queste caratteristiche uniche l’impianto monofasico, definito anche “emergente”, risulta essere una soluzione affidabile, con tassi di successo immediato e a lungo termine praticamente garantiti.
La letteratura dagli anni ’60 ad oggi ha ampiamente documentato che l’inserimento di impianti “monoblocco” in siti post-estrattivi, immediati e non, garantisce percentuali di successo tra il 90 e il 100%. In questi casi inoltre si possono ottenere risultati estetici elevati, in quanto il posizionamento dell’impianto avviene senza incisioni, sfruttando lo stesso sito dell’avulsione; è però essenziale la contestuale creazione di un nuovo percorso in “osso nuovo”.

Spesso la ricerca di condizioni ideali di “osso sano” per un buon carico possono comportare particolari inclinazioni della fixture monolitica, che successivamente potranno essere corrette semplicemente piegando il moncone o preparandolo come un normale elemento, ma utilizzando delle frese in tungsteno. Importantissimo è il raggiungimento della massima stabilità primaria, avendo come priorità, ove possibile, l’ingaggio di una struttura corticale laterale o apicale che ne garantisca l’immediato scarico delle forze masticatorie e la successiva garanzia di buona riuscita del caso.
Queste azioni, agevolate e facilmente ottenibili grazie alle particolari forme e profili di spira dell’impianto, danno la possibilità in modo semplice, sicuro e intuitivo di ottenere la massima stabilità primaria, base essenziale per il carico immediato di successo.

Applicando tali principi e queste caratteristiche, si ottiene inoltre un contatto estremamente intimo tra osso e impianto, che favorirà da subito il processo di osteoitegrazione, annullando di fatto possibili micromovimenti dell’impianto che invece potrebbero comprometterne il successo immediato e a lungo termine. Particolare attenzione deve essere dedicata immediatamente e successivamente alla bilanciatura del provvisorio e del definitivo, in particolare sulla proiezione dei carichi masticatori, occlusali e relativi svincoli funzionali individuali, proprio per evitare micro-traumi destabilizzanti che potrebbero sfociare nella non integrazione.

L’utilizzo di impianti monofasici tronco-conici con superfici macchinate detti “basali”, o conici con superficie sabbiate e mordenzate detti “compressive” permettono di raggiungere ottimi valori di stabilità primaria nelle diverse classificazioni ossee, arginando possibili perimplantiti alte, grazie anche alla predisposizione di cicatrizzazione tissutale dell’area cervicale, vista anche l’assenza di componenti protesici e di micro gap.
Il profilo del collo “emergente” è da sempre risultato sicuro e facile da mantenere igienizzato da parte del paziente, che riesce nel tempo a mantenere ottimi risultati estetici, in completa assenza di perimplantiti anche nei casi dove i pazienti sono meno attenti all’igiene orale.

CASO CLINICO

Il caso trattato riguarda un paziente maschio di 63 anni, diabetico, con importante parodontopatia, che si è presentato alla nostra osservazione per risolvere un problema di edentulia parziale e importante deficit estetico-funzionale.

All’esame clinico si rileva mancanza del 12-21 e 16-17, presenza di elementi compromessi e con importante mobilità (fig. 1). All’esame radiografico (fig. 2) si rilevano risentimenti apicali e qualità ossea scarsa; si apprezza una buona disponibilità di osso basale. Si è deciso insieme al paziente di eseguire un trattamento implantare post-estrattivo immediato di tutti gli elementi, più aggiungere quattro impianti in zona posteriore.

Fig. 1

Fig. 2

L’intervento ha previsto l’estrazione atraumatica praticamente di tutti gli elementi perché parodontopatici e ampiamente compromessi. Conseguentemente, prima dell’utilizzo di frese e dell’inserimento implantare, si è proceduto a una pulizia generale applicando lavaggi locali con antibiotico a uso topico. Una volta creato un campo operatorio “pulito”, si è proceduto nel gruppo frontale alla creazione di un sito mininvasivo con una sola fresa a lancia dal diametro di 2 mm, con profilo di taglio fino a 29 mm.

L’obiettivo è stato sondare la qualità ossea ricercando quei 13/15 mm e la relativa corticale in modo da poter ancorare apice e compattare la midollare con la parte maschiante dell’impianto.

Vista la buona risposta e qualità ossea si è proceduto con l’inserimento degli impianti basali NSI a superficie macchinata di diametro 3,6 e lunghezza 23-26 mm (fig. 3), creando un bicorticalismo orientando l’ingresso della fresa in modo leggermente inclinato vestibolo-palatale.

Fig. 3

L’impianto è con spira progressiva a passo ampio, con nocciolo conico nella prima parte per poi diventare cilindrico per i restanti 8/9 mm dei 23-26 totali. Nelle parti posteriori dell’arcata zona tuber, si è preferito procedere con l’inserimento di 2+2 impianti Maxifix Compressive diametro 3,7×10 e diametro 3,7×12, sempre con l’utilizzo della medesima fresa e sempre mantenendo una inclinazione che mirava a cercare spazio e stabilità. Questo è stato necessario vista la scarsa densità dell’osso superiore, circa D3, ma sfruttando la particolare autofilettatura degli impianti Maxifix Compressive si è riusciti a ottenere una stabilità primaria notevole intorno ai 50/60 Ncm.

Nella stessa seduta è stata rilevata un’impronta con il particolare kit protesico monouso NSI, che ha permesso di applicare immediatamente un provvisorio, realizzato in prelimatura e ribasato immediatamente su cappette standard del kit protesico sterile monouso NSI.
Rifiniti perfettamente i margini del manufatto in resina, si è proceduto attentamente a prendere subito l’impronta per il futuro definitivo, per poi bilanciare la masticazione del provvisorio eliminando i precontatti in occlusione con i denti antagonisti.

Fig. 4

In seguito a un periodo di guarigione di dieci giorni, in cui si è avuto il completamento del processo di guarigione dei tessuti molli (fig. 4), si è provveduto alla sostituzione degli elementi protesici provvisori con arcata in metallo-ceramica definitiva. Nel controllo a un mese si possono apprezzare l’ottima guarigione e maturazione dei tessuti molli e la stabilità generale dell’arcata.

Fig. 5

Fig. 6

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